Mantenimento all’ex moglie: ‘pesa’ anche il singolo immobile ricevuto dal marito in donazione
L’esclusione della considerazione degli atti di liberalità è legata al fatto che, pur anche quando si tratti di elargizioni sistematiche che incrementano la disponibilità del coniuge obbligato a versare il mantenimento all’altro coniuge, in quanto frutto di una volontà sempre revocabile non costituiscono reddito in senso proprio

Rilevante per il mantenimento in favore dell’ex moglie anche la singola donazione di immobili ricevuta dall’uomo. Questa la prospettiva tracciata dai giudici (ordinanza numero 17037 del 25 giugno 2025 della Cassazione), i quali hanno perciò, a chiusura della vicenda presa in esame, il diritto di una donna a vedersi versata mensilmente dall’ex marito un assegno di mantenimento di 500 euro.
Infruttuose le obiezioni sollevate dall’uomo e mirate a ricordare che, nell’ottica dell’assegno di mantenimento, gli atti di liberalità hanno una loro rilevanza solo quando producono oggettivamente un tenore di vita più elevato per la coppia, dunque quando rappresentano un incremento dei redditi dei coniugi che, anche se si verifica nelle more del giudizio di separazione, costituisce pur sempre lo sviluppo di un’aspettativa maturata nel matrimonio, e concorre nella quantificazione del mantenimento, e mirate a porre in evidenza che, in questo caso, una singola elargizione, effettuata in suo favore ben dopo la cessazione della convivenza, non costituiva lo sviluppo di alcuna aspettativa maturata durante il matrimonio e non rientrava, perciò, tra le elargizioni atte a determinare la quantificazione del mantenimento.
In premessa, i magistrati di Cassazione ricordano che il diritto al mantenimento è fondato sulla persistenza, durante lo stato della separazione, di alcuni degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi del coniuge obbligato. Poi, in tema di determinazione dell’assegno di mantenimento, sono irrilevanti le elargizioni a titolo di liberalità ricevute, grazie ai propri genitori o grazie a terze persone, dal coniuge obbligato, ancorché regolari e continuate dopo la separazione, in quanto il carattere di liberalità impedisce di considerarle reddito, così come non costituiscono reddito analoghi contributi ricevuti dal coniuge che si afferma titolare del diritto al mantenimento.
Centrale, quindi, è la questione della rilevanza delle elargizioni di terzi – in particolare, i familiari, normalmente i genitori – nel giudizio sul riconoscimento del diritto all’assegno di separazione o di divorzio e nella determinazione del suo ammontare. Per i giudici, l’irrilevanza delle elargizioni liberali di terzi, quali i genitori, ancorché regolari e protrattesi anche dopo la separazione, già sancita con riferimento alla condizione del coniuge richiedente l’assegno, va confermata anche con riguardo agli aiuti economici ricevuti dal coniuge obbligato al pagamento dell’assegno. Decisivo è l’evidenziato carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti, che impedisce di considerarli reddito dell’obbligato, così come non costituiscono reddito gli analoghi aiuti ricevuti dal coniuge creditore. Pertanto, l’esclusione della considerazione degli atti di liberalità è legata al fatto che, pur anche quando si tratti di elargizioni sistematiche che incrementano la disponibilità del coniuge obbligato, in quanto frutto di una volontà sempre revocabile non costituiscono reddito in senso proprio.
Altro è, tuttavia, l’incremento patrimoniale che si verifica una tantum e che in modo definitivo accresce il patrimonio dell’obbligato, precisano i giudici, e di cui è necessario tener conto. Perciò, tornando alla vicenda in esame, anche la donazione di immobili in favore dell’uomo – in tanto in quanto ha incrementato il suo patrimonio al pari di quanto sarebbe avvenuto per effetto di una successione mortis causa, va correttamente tenuta in considerazione nella ricostruzione della situazione patrimoniale dell’uomo, con conseguente legittimazione dell’assegno di mantenimento in favore della donna, così come sancito in secondo grado.